L'inafferrabilità della misura di prevenzione
- Avvocato Gianpaolo Di Mezza
- 7 mar 2024
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Aggiornamento: 26 set 2024
Il Tribunale di Napoli, con decreto n. 36/2006, applicava nei confronti di un soggetto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Napoli. L'esecuzione del decreto veniva immediatamente sospesa a causa della concomitante esecuzione di una misura cautelare custodiale, cui seguiva, senza soluzione di continuità, l'esecuzione della pena.
Trascorsi ben tredici anni, il soggetto terminava l'esecuzione della misura cautelare e della pena e, immediatamente, gli veniva notificato il provvedimento di esecuzione della risalente misura di prevenzione.
Successivamente, il soggetto veniva sorpreso dalle forze dell'ordine a violarla perché partecipava ad un ricevimento fuori dal Comune di soggiorno. Per questi motivi veniva denunciato e a suo carico iniziava un processo per il reato di cui all'art. 75, co. 2 D.P.R. n. 159/2011.
Nel corso del processo la difesa sosteneva che, durante il lungo periodo di sospensione della misura di prevenzione, erano intervenute una sentenza della Corte Costituzionale e una novella legislativa che affermavano che, laddove le misure di prevenzione restino sospese per un lungo periodo, è necessario un giudizio di rivalutazione dell'attuale pericolosità del soggetto. Giudizio che non era stato eseguito.
Il Tribunale di Napoli, competente per il giudizio di primo grado sul reato, con sentenza dell'anno 2020, condannava l'imputato. In particolare, il Tribunale giustificava la decisione sul presupposto che la misura cautelare cui il soggetto era sottoposto valeva a dimostrarne la pericolosità sociale.
La difesa proponeva appello e la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado.
La difesa, dunque, proponeva ricorso per cassazione deducendo il vizio logico della sentenza di primo grado, che la sentenza della Corte di Appello di Napoli non aveva sanato.
La Corte di cassazione dava ragione alla difesa e annullava con rinvio la sentenza da ultimo emessa.
Nel giudizio conseguente al rinvio, conclusosi nel mese di marzo 2024, la difesa deduceva nuovamente l'originario vizio logico che, non soltanto non era stato sanato, ma che, viste le circostanze, non poteva essere sanato da alcun atto o provvedimento successivo, neanche mediante il ricorso ad una valutazione storica o retroattiva della pericolosità sociale del soggetto. Finalmente, la Corte di Appello riconosceva la correttezza dell'impostazione della tesi difensiva ed assolveva l'imputato con formula piena: perché il fatto non sussiste.
Questa vicenda dimostra come un vizio logico può restare inafferrabile per anni.